Giorgio Bassani: cronologia

Cronologia a cura di R. Cotroneo, rivista e integrata da Paola Bassani 
ed. Meridiano Bassani, Mondadori, 2001

Per la seconda edizione del presente volume – che esce dopo la morte dell’autore – la Cronologia è stata integrata con informazioni biografiche gentilmente fornite da Paola Bassani.

1916-1933

Giorgio Bassani nasce a Bologna il 4 marzo del 1916 da una famiglia benestante d’origine ebraica, ferrarese da molte generazioni. «Appartenevo ad una famiglia della buona borghesia ebraica cittadina. Mio padre [Angelo Enrico, nato nel 1885] era medico (ginecologo), ma in pratica non ha mai esercitato. Mia madre [Dora Minerbi, nata nel 1893] da ragazza aveva studiato canto. Sarebbe forse potuta diventare una cantante di professione, però il suo destino fu diverso. Si innamorò di mio padre, e lo sposò subito, a vent’anni. Dei miei nonni, uno [Davide Bassani] era un ricco commerciante di tessuti, col negozio, anzi il magazzino, nel cuore dell’ex ghetto, in via Vignatagliata. L’altro nonno, quello materno, era anche lui medico, ed è stato per quarant’anni primario dell’Arcispedale Sant’Anna. Elia Corcos, il protagonista della Passeggiata prima di cena, è in qualche modo il ritratto del mio nonno materno, Cesare Minerbi. Del nonno commerciante di tessuti ancora non ho scritto niente. Eppure è stato forse il nonno più importante, per me, quello con cui sono vissuto più a lungo, più intimamente. Vivevamo tutti insieme nella medesima grande casa di via Cisterna del Follo, in piani diversi. Il nonno Davide era un signore molto considerato e autorevole nell’ambito della piccola società ebraico-ferrarese di quell’epoca.» La nonna paterna si chiama Jenny Hanau; quella materna, Emma Marchi, è cattolica. I genitori di Giorgio hanno modo di conoscersi perché Cesare Minerbi è il medico di famiglia dei Bassani; si sposano nel 1915.

Giorgio ha due fratelli, Paolo e Jenny. Paolo, nato nel 1920, studierà ingegneria in Francia; nel 1940, espulso dalla Francia perché ebreo, fuggirà clandestinamente in Spagna, da dove rientrerà in Italia e prenderà parte al cumer (Comando Unico Militare Emilia Romagna); vivrà poi a Roma. Anche Jenny verrà penalizzata dalle leggi razziali: solo dopo la guerra potrà approfondire gli studi di disegno e di scultura all’Accademia di Belle Arti di Firenze; vivrà ad Antignano, vicino a Livorno, e successivamente a Firenze.

Ferrara, dove Bassani trascorre l’infanzia e l’adolescenza, sarà al centro di tutta la sua opera: «il contrasto tra l’enormità delle vicende di cui scrivo e la piccolezza della mia Ferrara (una cittadina di provincia, uguale o quasi uguale a tante altre), mi dà una certa garanzia di venire ascoltato, creduto». La famiglia Bassani possiede un’antica casa in via Cisterna del Follo 1, «una casa riconoscibilissima che, in città, tutti sanno a chi appartiene», in cui Giorgio vivrà fino al 1943.

Frequenta le elementari dapprima in una scuola di campagna, tra Ferrara e Copparo (è il nonno Davide, in genere, ad accompagnarlo), poi a Ferrara, dove per tre anni divide il banco con Lanfranco Caretti, che ritroverà al liceo e all’università.

Studia il piano e vuole diventare musicista; ricorda la sorella: «A diciassette anni rinunciò di colpo alla musica e prese la strada dello scrittore. Si mise a studiare con più lena di prima, soprattutto letteratura italiana. Gli bastavano dieci minuti per mangiare un boccone, poi tornava a tavolino».

Oltre a Caretti, sono suoi compagni al liceo Ariosto di via Borgoleoni Giuseppe Zavarini, che diventerà dermatologo, Guido Calzolari, futuro ginecologo, e Giano Magri, cardiologo di fama a Torino negli anni Cinquanta. Il clima che si respira nella scuola è quello che Bassani ritrarrà anni dopo in Dietro la porta, in cui ricorda il proprio disagio. Racconta Zavarini che Bassani soffriva di balbuzie e che il professore di greco e latino, nel corso di una non brillante interrogazione, gli intimò di non accentuarla; «era bravo, sì, non il migliore. Il migliore era Giano Magri, [...] seguito a ruota da Lanfranco Caretti». L’insegnante di latino e greco è Francesco Viviani che, pur collaborando al «Corriere Padano» con articoli sui classici latini e greci, è un intransigente antifascista. Particolarmente brillante è anche l’insegnante di italiano, Francesco Carli, un intelligente cattolico comacchiese che ama soprattutto Dante. Dalle lezioni di Carli probabilmente deriva l’amore di Bassani per Dante, testimoniato dal titolo Te lucis ante (dal Purgatorio) di una raccolta di versi pubblicata nel 1947 e dal fatto che – come testimoniano molti amici – Bassani fino a pochi anni prima di morire recitava spesso a memoria versi di Dante nel corso di cene e incontri.

Grande passione di Bassani è il tennis, che pratica al circolo Marfisa d’Este di via Saffi: «Ero un ragazzo dotato di un fisico eccellente (giocavo al tennis niente affatto male, ormai posso dirlo senza falsa modestia), e la vita per me era tutta da scoprire: qualcosa di aperto, di vasto, di invitante, che mi stava dinanzi, e a cui mi abbandonavo con impeto cieco, senza mai voglia di ripiegarmi su me stesso un momento solo». La moglie ricorda che vinse a Bologna il campionato di Emilia Romagna, classificandosi di conseguenza in seconda categoria; e Gaetano Tumiati: «Sui campi in terra battuta di via Saffi si dava appuntamento la jeunesse dorée. I campioni? Michelangelo Antonioni, una seconda categoria, e, quindi, Giorgio. Antonioni si fidanzò con mia sorella, di un fascino botticelliano: di sicuro fra i modelli di Micòl, bionda com’era».

1934

Si iscrive alla facoltà di Lettere dell’Università di Bologna, in via Zamboni: ogni mattina «prendevo il treno che da Ferrara portava a Bologna in meno di un’ora, frequentando tutti i corsi possibili, perfino paleografia e biblioteconomia, per poi, verso l’una, ritrovarmi a pranzo con Lanfranco Caretti, anche lui ferrarese, anche lui in cerca di ambientamento e mio grande amico (eravamo stati compagni di banco al liceo per tre anni consecutivi), alla mensa del Dopolavoro ferroviario o alla Croce di Malta, una trattoria per studenti molto a buon mercato. Alle due eravamo di nuovo all’università, ansiosi di non perdere la lezione, mettiamo, di grammatica latina. E così via, una lezione dietro l’altra fino a sera: fino a quando cioè non avremmo ripreso l’accelerato di Ferrara».

La scelta della facoltà rappresenta un’infrazione rispetto alla tradizione familiare: «Può darsi che mio nonno materno, mio padre, e mio zio materno, Giacomo, tutti e tre medici, desiderassero che anch’io prendessi medicina. Comunque sia, non appena arrivato all’università, mi sono iscritto a lettere: non già perché aspirassi a diventare uno scrittore, sia ben chiaro, ma per passione, per affinità intellettuale. Fra il ginnasio e il liceo avevo letto molto. Negli ultimi anni del liceo mi ero anche avvicinato in qualche modo alla letteratura italiana contemporanea. E questo è stato forse un fatto determinante». All’università conosce Attilio Bertolucci, di cui resterà amico e sodale per tutta la vita. «La Bologna che ho frequentato io, dall’autunno del ’34 fino, diciamo, al ’43, non era soltanto la sede dell’Università, della Facoltà di Lettere alla quale mi ero iscritto, ma anche la sede di una letteratura, di una scuola letteraria. Bologna voleva dire Riccardo Bacchelli, voleva dire Leo Longanesi [...], voleva dire Giuseppe Raimondi, voleva dire Giorgio Morandi. Ebbene non c’è dubbio: la scuola letteraria bolognese, soprattutto tramite il rapporto che propugnava coi classici francesi del secondo ’800, Flaubert, Rénard, Maupassant, Zola, eccetera, ha sicuramente influito sulla mia formazione.»

Si definisce discepolo di Giorgio Morandi, di cui scriverà: «è il più grande pittore del nostro tempo, pur essendo uno degli spiriti intellettualmente più chiari, lucidi e consapevoli fino alla spietatezza che io conosca (naturalmente si vede, questo, dai suoi quadri), nella vita è un vecchio scapolo tisico e mite, senza sesso quasi, che vive con le sorelle, dipinge nella stanza dove dorme, con un piccolo Leopardi sul comodino accanto al lettuccio di ferro; e credo che sia molto religioso» (lettera a Jenny dal carcere).

1935

Giungono a Ferrara Giuseppe Dessì, Claudio Varese, Mario Pinna, Franco Dessì Fulgheri: tutti normalisti sardi. Professori di prima nomina, diventano molto amici di Bassani, che è influenzato dal loro antifascismo militante: «l’unico elemento di aggregazione che ad un certo momento legò tra loro i ferraresi, i sardi e i bolognesi, fu la comune inclinazione a stringere amicizia con chi in qualche modo si collocava naturalmente fuori dalle istituzioni pubbliche da noi egualmente rifiutate» (Caretti).

Nel tardo autunno frequenta per la prima volta una lezione di Roberto Longhi, di cui lascia un affettuoso ritratto: «Alto, simpatico, elegantissimo, con un viso dai tratti molto asimmetrici, di una espressività eccezionale: più che a un professore, a uno studioso, Longhi faceva pensare a un pittore, a un attore, a un “virtuoso” d’alta razza e d’alta scuola, insomma a un artista. Non c’era nulla in lui dell’enfasi curialesca della tradizione carducciana imperante all’università di Bologna, di quell’unzione accademica che per tutto l’anno precedente mi aveva riempito di venerazione e di noia, nessuna posa erudita, in lui, nessun sussiego di casta, nessuna boria didattica e didascalica, nessuna pretesa che non riguardasse l’intelligenza, la pura volontà di capire e far capire». Con Longhi instaura un’amicizia profonda e duratura, che si spinge ben oltre gli interessi artistici e letterari. Celebri le partite a tennis in cui il rapporto fra maestro e allievo viene ribaltato: «ci si dava convegno su un campo di tennis. Qui io sfoggiavo, naturalmente, e Longhi, che giocava volentieri in coppia con me, mi guardava con ammirazione, accettando umile umile i miei consigli».

Pubblica sul «Corriere Padano» il suo primo racconto, III Classe: «serbo un ricordo abbastanza sbiadito di III Classe, che a tutt’oggi non ho più riletto. Ho comunque l’impressione che vi si possa rintracciare il segno di quelle prime letture, l’indispensabile consapevolezza critico-letteraria che ingenerarono in me esordiente». «Il Corriere Padano», quotidiano fondato nel 1925 da Italo Balbo e allineato col dissenso-consenso tipico dello squadrismo ferrarese, vede tra i suoi collaboratori esterni anche Delfini, Vittorini, Caretti e Antonioni (come critico cinematografico). «In quel momento la possibilità di collaborare al “Corriere Padano”, in una pagina che consentiva margini inconsueti di libertà almeno nel campo letterario e ci consentiva di discorrere degli scrittori a cui credevamo, apparve a noi giovani tra i venti e i ventidue anni una occasione favorevole per uscire dall’isolamento» (Caretti).

1936

Comincia una serie di letture storiche e filosofiche, fondamentali nella sua formazione. Dirà in seguito: «io credo di essere l’unico scrittore del Novecento per il quale l’esperienza idealistica è il fatto assolutamente centrale della propria formazione»; e ancora: «il mio unico vero grande maestro è stato Benedetto Croce».

Pubblica sul «Corriere Padano» altri due racconti: Nuvole e mare e I mendicanti (quest’ultimo particolarmente apprezzato da Longhi, che incoraggia Bassani a dedicarsi alla scrittura).

In giugno Francesco Viviani viene allontanato dall’insegnamento a causa del suo antifascismo. Bassani scrive al suo antico maestro: «Carissimo Professore, la notizia del provvedimento che La colpisce produce in me un dolore che può essere solamente soverchiato da un immenso stupore. Una tale enormità non posso credere che si possa impunemente commettere nei riguardi di un uomo come Lei. Io che per tre anni sono stato suo scolaro – uno dei più vicini – conosco a fondo la Sua virile nobiltà, la Sua sapienza, la Sua rettitudine e bontà. Mi è grato ora ricordare in questo momento doloroso queste Sue elette qualità, e tanto più perché è per esse soprattutto se sono cresciuto ad oggi, uomo, nella pienezza dell’anima aperta ad ogni bellezza; ad ogni altezza, uomo nell’amore sconfinato che porto alla libertà e alla giustizia. Con i migliori auguri e con i sentimenti della più viva solidarietà mi creda, egregio Professore, suo affezionato Giorgio Bassani».

Trascorre l’estate a Cesenatico, in compagnia dei fratelli Tumiati; in novembre invia a Caterina Tumiati una poesia, fino a oggi inedita: «Quando dagli astri / scenderai sul mio passo / risaprò le tue dita amorose, e il sapore / del tuo silente riso / o morte. / E nel mio nuovo cammino / tra le falci dei lampi / mi sarà caro / ripensare a colei che mi turba / nella mia avara quiete. // Dolce, bambino, / era il pensiero di te da quel giro / di lenti muri nell’orto». A questi versi l’autore aggiunge alcune righe di commento: «Non spaventarti, Cate, o non sorridere anche, se il ricordo di te ha luogo nella mia memoria insieme a quello della morte. Fino dall’infanzia – io sono nato, vissuto, morto forse in quel tempo, ed ora ricordo solo! – ho immaginato la morte come un riso di donna, come un tocco di dita amorose. E m’era dolce sognare, non più vecchio di quattro anni, di questo riso e di queste sovrumane dita: per tutta la mia vita restante questo pensiero m’ha seguito e consolato, soavissimo. Poi, ecco, sei venuta tu, e hai preso possesso della mia mente. In essa stanno i due pensieri, familiari, dominanti, e come due angeli mi consolano di questa solitudine».

1937

Studia spesso a Ferrara, nella «ricchissima e modernissima biblioteca di Giuseppe Ravegnani che io e Bassani abbiamo doviziosamente saccheggiato non avendo altro luogo della nostra città dove raggiungere i testi preziosi del Novecento italiano ed europeo» (Caretti).

Proprio Ravegnani fa leggere a Bassani «parecchi libri usciti intorno a quegli anni a Firenze: i libri, voglio dire, di Alessandro Bonsanti, di Arturo Loria, di Tommaso Landolfi, eccetera, nonché l’Antologia della letteratura italiana del ’900 di Papini e Pancrazi» (Caretti). Lo stesso Ravegnani, tuttavia, in pieno regime di leggi razziali, invita Bassani cortesemente ma fermamente ad allontanarsi dalla Biblioteca Comunale e a esimersi dal frequentarla in seguito, poiché israelita. Questo episodio verrà poi raccontato nel Giardino dei Finzi-Contini.

È a Napoli per disputare i Littoriali della cultura.

A Bologna conosce Carlo Ludovico Ragghianti, critico d’arte storicista e seguace di Croce, che lo allontana progressivamente dalla letteratura di tarda derivazione crepuscolare influenzata da «La Ronda». «Dal giovane letterato che ero, mi trasformò in breve tempo in attivista politico clandestino, sottraendomi sia alle amicizie letterarie ferraresi, sia a quelle bolognesi. L’unico sodale a seguirmi in questa nuova vicenda della mia vita fu Antonio Rinaldi. Entrambi, da allora, per qualche tempo almeno, cominciammo a disertare sia le lezioni universitarie di Roberto Longhi, sia la bottega di stufe di Giuseppe Raimondi. Per ciò che riguarda esclusivamente me, gli anni dal ’37 al ’43, che dedicai quasi del tutto all’attività antifascista clandestina (non ripresi a scrivere che nel ’42, quando nell’estate di quell’anno buttai giù le poesie che più tardi avrei pubblicato nel volumetto Storie dei poveri amanti, del ’45), furono tra i più belli e più intensi dell’intera mia esistenza. Mi salvarono dalla disperazione a cui andarono incontro tanti ebrei italiani, mio padre compreso, col conforto che mi dettero d’essere totalmente dalla parte della giustizia e della verità, e persuadendomi soprattutto a non emigrare. Senza quegli anni per me fondamentali, credo che non sarei mai diventato uno scrittore.»

1938

È a Firenze, dove frequenta, tra gli altri, l’ambiente di «Giubbe Rosse». Le leggi razziali, pur non infierendo direttamente sulla sua famiglia, cominciano a cambiare le sue abitudini e le sue frequentazioni. «Mio padre era ebreo, di origine probabilmente askenazita» ricorda la figlia Paola, «ma di fede laica. Si considerava prima di tutto un italiano, un italiano identico agli altri.» E Pietro Citati: «quando fu respinto da tutti gli amici cattolici, si aprì in lui una ferita che credo non si sia mai rimarginata». Nella poesia Gli ex fascistoni di Ferrara (in Epitaffio), a distanza di tanti anni, un Bassani sardonico mostra infatti di non dimenticare: «Gli ex fascistoni di Ferrara / invecchiano / alcuni / di quelli che nel ’39 / mostravano di non più ravvisarmi / traversano mi buttano / come a Geo le braccia al collo / gaffeurs incontenibili»; e quando cercano di riavvicinarsi allo scrittore, egli risponde: «Corrazziali? Voi quoque? Dei quasi / mezzi cugini? No piano / Come cazzo si / fa? / Prima / cari / moriamo».

È a Napoli per disputare i Littoriali dello sport.

In aprile pubblica su «Letteratura» il racconto Un concerto (che confluirà in Una città di pianura). Questo racconto rappresenta per Bassani «un punto d’avvio piuttosto significativo. Per la prima volta tentavo, con quel racconto, di mettere in piedi una Ferrara non dannunziana, non mitologica. È vero che Ferrara non la chiamavo ancora Ferrara, ma F. (tardo seguace del Novecento, volevo essere realista, ma non provinciale...); nessun reale impegno storicistico in quelle incerte pagine giovanili. Eppure, ripeto, il racconto ha una sua importanza: soprattutto se si pensa a quello che avrei fatto poi».

1939

Si laurea con Carlo Calcaterra discutendo una tesi su Tommaseo. Frequenta Francesco Arcangeli, Franco Giovanelli, Augusto Frassinetti, Fiorenzo Forti; in particolare condivide gli ideali politici di Sergio Telmon e Vincenzo Cicognani.

L’entrata in vigore delle leggi razziali costringe allievi e professori ebrei del liceo Ariosto a spostarsi nelle aule del vecchio asilo israelitico di via Vignatagliata 79, nell’antico ghetto ferrarese. Ricorda Paolo Ravenna, allora suo allievo: «Un giovane appena laureato ci apriva alla cultura moderna e ai valori civili con lezioni che sempre più si allontanavano dalle semplici nozioni. [...] Ci parlava di nuovi autori che non apparivano sulle antologie, come Ungaretti, Montale, ecc.; tra le poesie da imparare a memoria La casa dei doganieri e via dicendo. Ci leggeva Vittorini, ci apriva ai russi Cekov, ecc. Ci spiegava i contenuti sociali e dirompenti della letteratura americana. Arrivava Lorca. Ho qui un numero della rivista “Letteratura” dell’aprile ’38. [...] Proprio in questo fascicolo appaiono, tra l’altro, la prima traduzione di Lorca di Carlo Bo; il primo capitolo di Conversazione in Sicilia; il primo racconto importante di Bassani: Un concerto. A distanza di tanto tempo in queste pagine ritroviamo il filo conduttore di quanto ci insegnava. [...] Scoprivamo Croce, Salvatorelli, i libri rossi della Einaudi. Sentivamo parlare di sfuggita – faceva parte della clandestinità – dei fratelli Rosselli e di “Giustizia e Libertà” [...] mentre faceva una fugace apparizione un giornaletto clandestino che scorrevamo tra timore e stupore».

1940

Stampa presso l’Officina d’Arte Grafica A. Lucini e C. Una città di pianura, che firma con lo pseudonimo Giacomo Marchi perché «erano venute, a quell’epoca, le leggi razziali, per cui era vietato dalla polizia, a qualsiasi ebreo, di figurare come esistente. Mi sono perciò chiamato Giacomo Marchi perché non potevo chiamarmi Giorgio Bassani. Se sono diventato Giacomo Marchi non è stato, quindi, per una scelta mia, di tipo ideologico, psicologico, eccetera, ma per motivi di carattere politico e razziale». Sceglie il cognome della nonna cattolica; il nome invece è quello di uno zio molto amato, uomo di grande cultura a cui dedicherà alcuni versi di Storia di famiglia (in Epitaffio).

Sempre con pseudonimo collabora a «La Ruota» (come i giovani Pavese, Fortini, Cancogni), nata nel 1937 per iniziativa di Mario Alighiero Meschini, un giornalista legato al regime, e poi rinnovata grazie al contributo di P. Ingrao (per la critica cinematografica), di Ragghianti e di G. Briganti (per la critica d’arte).

A Ferrara frequenta la casa e il tennis privato di Elvira Zamorani, dove in settembre conosce Valeria Sinigallia, che ha ventidue anni. D’origine ebraica ferrarese anche lei, Valeria vive a Venezia dopo aver trascorso molti anni a Pola. La madre, Enrichetta Sullam, discende dalla poetessa Sara Copia Sullam, sulla cui figura e opera letteraria Bassani farà ricerche presso la Biblioteca Marciana. La famiglia abita nel palazzo Priuli, Campo Santa Maria Formosa. In dicembre Bassani ritrova Valeria a Venezia e si fidanza con lei.

1941

Partecipa con Roberto Longhi a una gita ad Assisi di tre giorni: a Longhi rimane sempre legato, continuando a seguirne le lezioni anche molto tempo dopo la laurea.

1942

Si dedica assiduamente alla poesia: «il primo impulso a scrivere versi mi venne, più che dalla vita e dalla realtà, dall’arte, dalla cultura. Da tempo mi avevano colpito le poesie di due vecchi compagni d’università, Francesco Arcangeli e Antonio Rinaldi, e quelle di Pompeo Bettini, che Benedetto Croce aveva ristampato nell’inverno precedente da Laterza. Seguivo oltre a ciò i miei amici storici dell’arte, lo stesso Francesco Arcangeli, Giuseppe Raimondi, Carlo Ludovico Ragghianti, Cesare Gnudi, Giancarlo Cavalli, sulle tracce dei pittori ferraresi e bolognesi del Cinque e Seicento: cosicché la campagna tra Ferrara e Bologna, che il mio treno percorreva quasi quotidianamente, mi si mostrava attraverso i colori, intrisi d’una luce come velata, di quelle antiche pitture. La primavera del ’42! Stalingrado, El Alamein, e il futuro incerto, oscuro... Eppure, nonostante tutto, la vita non mi è mai apparsa così bella, così bella e struggente come allora».

La sua attività politica clandestina è sempre intensissima sia sul fronte bolognese che su quello ferrarese. A Bologna gli amici cospiratori sono, oltre a Ragghianti, Gnudi, Telmon, Cicognani e Rinaldi, anche Pino Beltrame, Pier Luigi Pasquini, Mario Jachia, Massenzio Masia, Mario Bastia ed Ernesto Quadri (Jachia verrà deportato; Masia, Bastia e Quadri verranno trucidati). A Ferrara Bassani opera soprattutto insieme con l’avvocato Teglio e il procuratore della Repubblica Colagrande (uccisi anch’essi tra breve, vittime della rappresaglia fascista raccontata in Una notte del ’43).

È spesso in missione segreta: va a Milano per incontrare La Malfa e Parri, a Firenze per Capitini, a Roma per De Ruggiero. Più volte affida alla fidanzata pacchi di volantini di propaganda antifascista perché li tenga nascosti nella pensione in cui abita a Bologna.

Muore Uberto Magrini, amico della famiglia Bassani, ma frequentato soltanto in ambito mondano. Secondo alcuni critici è da lui, e dalla sua prematura scomparsa, che Bassani (che l’ha sempre negato) avrebbe tratto ispirazione per il suo Alberto Finzi-Contini.

Bassani continua a insegnare nella scuola ebraica, dove «si insegnava e si studiava con entusiasmo e accanimento, quasi per sfida alla degradazione della discriminazione razziale» (Ravenna). Gli rimangono ormai soltanto tre allievi (Paolo e Roberto Ravenna e Jenny, sorella di Giorgio), a cui dà lezione nel suo studio: «Ricordo con emozione il giorno in cui Bassani tirò fuori da una borsa un quadretto con bottiglie dai toni morbidi che appese alla parete di fondo. Ci disse che era di un grande artista, Giorgio Morandi, autore di quell’acquaforte sempre con bottiglie da tempo nello studio [Natura morta a grandi segni], e ci spiegò come quella apparente semplicità avesse invece significati profondi e come quella fosse arte, la vera arte, che egli schiudeva così alla nostra giovinezza» (Ravenna).

Gli insegnanti cercano in vari modi di formare il carattere degli allievi: Bassani si fa promotore di un corso di autodifesa, che mescola boxe e lotta, tenuto dal pugile ebreo Primo Lampronti (che verrà arrestato con Bassani nel ’43) e organizza la rappresentazione di una commedia di Sergio Tofano, La regina in berlina; alla recita, insperabilmente, «circa metà degli spettatori che affollavano la saletta della scuola ebraica era formata da simpatizzanti “ariani”. Un fatto in sé modesto. Ma allora significava il superamento del nostro isolamento, un segno di coraggiosa solidarietà. Una sconfitta della quotidiana guerra psicologica fascista ed una vittoria per la minuscola isola di Vignatagliata» (Ravenna).

1943

Col precipitare degli eventi politici, la polizia, aiutata da occulti delatori, stringe la morsa intorno ai vari gruppi antifascisti. Bassani viene arrestato in maggio. Un documento ufficiale della Divisione Polizia Politica, datato 29 giugno del 1943, riporta: «Per notizia si comunica che da parte dell’o.v.r.a. di Bologna è stata accertata l’esistenza di una vasta e pericolosa organizzazione antifascista cui aderiscono elementi vari. Il movimento in parola che si propone di rovesciare il Fascismo per istituire una nuova forma di governo, presenta la caratteristica di volersi servire di tutti i partiti per attuare il suo programma. [...] Nel ferrarese esponenti principali del movimento sono il Dr. Bassani Giorgio, ebreo, originariamente di principi liberali, l’insegnante elementare Costa Alda di idee socialiste». Questa maestra ispirerà a Bassani il personaggio di Clelia Trotti. Nel documento si legge ancora: «A Bologna gli aderenti sono in prevalenza degli intellettuali (Prof. Rinaldi Antonio, Prof. Cavalli Giancarlo, Dr. Gnudi Cesare), di idee politiche liberali [...]. Essi si tengono in contatto con elementi di altre città (Prof. Ragghianti Carlo Ludovico a Modena)» e ancora: «Le indagini proseguono ma già sono stati operati una sessantina di fermi e sono stati sequestrati, oltre a materiale tipografico ed armi, manoscritti antifascisti e libri».

Ricorda Bertolucci: «Da lì [dalla prigione di via Piangipane] mi scriveva delle cartoline postali disinvoltissime. Era incredibile la facilità di scrittura che aveva quando non doveva cimentarsi in una composizione letteraria!». Scrive anche un certo numero di lettere a Valeria e ai familiari (quattordici delle quali verranno raccolte col titolo Da una prigione in Di là dal cuore, qui alle pp. 947-62), nonostante le difficoltà: «Qui la faccenda della posta è un problema molto complicato. Bisogna prenotare per il giorno successivo le lettere e i francobolli: e molto spesso, ciò nonostante, si dimenticano di te». La vicinanza affettiva della famiglia lo sostiene nei momenti difficili: «Sono tranquillo, sebbene la solitudine mi pesi in certi momenti del giorno: verso sera, particolarmente». Legge molto: «Rileggo Dante, Manzoni, qualche altro classico. Ho trovato poi il Gil Blas di Lesage, una specie di romanzo-fiume del Settecento, e mi diverte come una volta mi divertiva Dumas».

Uscito di prigione il 26 di luglio, il 4 agosto a Bologna Bassani sposa Valeria Sinigallia e si reca in viaggio di nozze per quindici giorni a Marina di Ravenna. È allora che decide di non tornare più a Ferrara e di andare a vivere a Firenze. La moglie ricorda: «In quei giorni Giorgio cercò in tutti i modi di convincere i suoi amici cospiratori ferraresi, anch’essi in vacanza sulla costa romagnola, del pericolo che ormai c’era per tutti loro a condurre una vita “normale” a Ferrara. Tre mesi dopo, il 15 novembre, i suoi amici furono presi e fucilati dai fascisti davanti al castello (anche Giorgio doveva essere ucciso; i fascisti si presentarono di notte a casa sua, ma non lo trovarono perché nel frattempo era emigrato a Firenze)».

Alla fine di agosto Bassani arriva dunque a Firenze, con un totale di duemila lire in tasca, e prende in affitto, sotto falso nome, una stanza con l’uso di cucina in una vecchia casa di via del Palazzolo.  La dote di Valeria è sufficiente per vivere al massimo un anno: preoccupazione costante sarà quindi in questo periodo la ricerca di altre fonti di reddito. Bassani traduce Addio alle armi di Hem-
ingway (non risulta, però, che la traduzione sia stata pubblicata) e altre opere, come la Vita privata di Federico II di Voltaire. Passa diverse ore al giorno a studiare al Gabinetto Vieusseux, intrattenendosi spesso in lunghe e appassionate discussioni letterarie con Manlio Cancogni. Bassani e Cancogni, che si sono conosciuti nell’ambiente di «Giubbe Rosse», si scoprono particolarmente uniti, non solo dall’età, ma dalla comune passione politica: entrambi antepongono l’impegno morale e politico all’attività letteraria, che per un lungo periodo considerano soltanto un mezzo per arrivare al fondo delle cose, alla verità. A quel tempo – ricorda Cancogni – avrebbero volentieri rinunciato alle loro ambizioni letterarie in cambio di una sicura vittoria degli Alleati.

Continua l’attività politica di Bassani, che frequenta clandestinamente gli amici del Partito d’Azione come Ragghianti e Piero Calamandrei; frequenta inoltre Antonio Delfini; e in risposta al Pacon (Partito conservatore), fondato per scherzo da Delfini, Bassani e Cancogni danno vita al Perplex Party (cui aderiscono Carlo Levi e poi lo stesso Delfini).

Bassani, che in questo periodo dedica molto tempo a scrivere poesie, si considera poeta e in chiave poetica interpreta anche la sua produzione narrativa. Confida a Cancogni di voler deludere le aspettative di chi lo attende alla prova del romanzo: «Non gli darò mai questa soddisfazione. Io sono un poeta».

Il suo più grande problema continua a essere il denaro. Per aiutarlo, Cancogni accetta – coinvolgendo Bassani – di rivedere linguisticamente un saggio sull’economia pianificata di Cesare Dami (che diventerà poi senatore comunista). Dami non può pagare in denaro ma in cambio della consulenza offre carne e farina prodotte nella sua fattoria di Montecatini. Concluso il lavoro, Bassani e Cancogni tornano da Montecatini in treno con una valigia piena di carne. Nonostante la premura di avvolgere tutto nel sale, durante il viaggio escono dal pacco insopportabili effluvi che imbarazzano molto i due amici, costretti – dal rischio di perquisizioni – a gettare la carne nel gabinetto della stazione di Firenze.

I parenti di Bassani rimasti a Ferrara vengono deportati a Buchenwald, mentre i genitori e la sorella si salvano nascondendosi in un armadio, come racconteranno a Giorgio e a Cancogni a Firenze, dove arrivano fuggiaschi. Cancogni offre alla famiglia Bassani la casa di una zia della moglie, in via della Pergola, ma il sopralluogo nella casa – misteriosa e silenziosissima – induce i genitori di Bassani, sgomenti, a rifiutare l’offerta e a trovare più tardi un’altra sistemazione.

Il 6 dicembre Bassani parte per Roma.

1944

L’attesa della Liberazione e i tanti capovolgimenti di situazione a Roma tra il 25 gennaio e il 19 febbraio sono raccontati nelle Pagine di un diario ritrovato, pubblicato in Le parole preparate e poi in Di là dal cuore (qui alle pp. 965-83). Bassani, che abita in una pensione nei pressi di piazza Cavour, a Roma ritrova Michelangelo Antonioni e Giuliano Briganti (conosciuto a Firenze); stringe inoltre amicizia con Antonello Trombadori.

In estate va a Napoli, dove si sono raccolti vari intellettuali, fra i quali Soldati e Longanesi; frequenta inoltre casa Croce, dove diventa amico di Elena e Alda Croce.

1945

Il 1° settembre nasce la figlia Paola che, laureatasi in Storia dell’arte a Bologna con Francesco Arcangeli, uno dei grandi amici bolognesi di Bassani, si specializzerà in seguito alla Sorbona; vivrà prima a Bruxelles e poi a Parigi e insegnerà nelle università di Tours e di Rennes.

Bassani pubblica da Astrolabio Storie dei poveri amanti e altri versi, in cui raccoglie la sua produzione poetica dal 1939 al 1945.

Lavora per un rotocalco, «Mondo d’oggi», che ha sede in via Veneto. Stringe amicizia con Bruno e Tullia Zevi, e con Cipriana Scelba.

1946

Esce, sempre presso lo stesso editore, la seconda edizione di Storie dei poveri amanti e altri versi.

Per vivere si adatta a qualunque mestiere. È impiegato avventizio al Ministero del Lavoro, ufficio Reduci di guerra, con Augusto Frassineti e Pino Barilli (a questo proposito Bassani ricorderà: «Là non facevo assolutamente nulla»). Lavora anche in una biblioteca.

Dopo il congresso in cui avviene la frattura nel Partito d’Azione, constatata la sconfitta di Parri e Lombardi, passa al Partito socialista. A chi lo accuserà di incoerenza rispetto alla sua origine borghese risponderà: «certo che sono di origine borghese: però, siccome non sono un borghese decadente ed ho il senso delle mie responsabilità, milito in un partito di sinistra».

A Roma frequenta spesso la casa di Maria e Goffredo Bellonci; è il numero 89 della lista degli Amici della Domenica, che diverranno, l’anno successivo, i giurati del premio Strega.

Conosce Dinda e Niccolò Gallo, che abitano a Roma, in piazza Ungheria. A loro, e soprattutto a Niccolò, che dirige un piccolo giornale, «Lettere d’oggi», sottopone le continue revisioni delle sue poesie. Ricorda Paola Bassani: «Una sera mio padre portò una poesia a Niccolò Gallo per avere un giudizio. Niccolò in quel momento era fuori, e così Bassani lasciò lo scritto alla moglie di lui, Dinda, e fece per tornare a casa. Era ancora in viale Liegi, nelle adiacenze di casa Gallo, quando un pensiero improvviso lo trafisse: aveva dimenticato una virgola! Tornò indietro, suonò e, scusandosi, rimediò all’errore. Mezz’ora più tardi, quando era quasi a casa, fu colto da nuovi scrupoli, relativi sempre alla punteggiatura. Senza perdere tempo, e non fidandosi di dettare la correzione per telefono, tornò indietro una seconda volta. Lasciò sulla scrivania a Niccolò il seguente biglietto: “Scusami con tua moglie e dille che la poesia è il più terribile dei giochi di pazienza”».

1947

Pubblica da Ubaldini la raccolta poetica Te lucis ante. 1946-47. Conosce la principessa Marguerite Caetani di Bassiano che, disponendo di larghi mezzi, vuole continuare in Italia il lavoro iniziato in Francia con la rivista «Commerce» e che si rivolge a Bassani in cerca di collaboratori. Bassani dice di lei: «mi insegnò, non già a prendermi meno sul serio, ma a vedere le cose della mia vita in una prospettiva più reale».

A marzo conosce Pasolini, al quale promette presto di presentare alla casa editrice Astrolabio le poesie dell’Usignolo della chiesa cattolica.

1948

Diviene redattore della rivista «Botteghe Oscure», fondata dalla principessa Caetani nello stesso anno. Scrive di lui Cesare Garboli: «Intelligente, euforico, generoso, Bassani dirigeva “Botteghe Oscure” con entusiasmo. Fu lui a pubblicare La giacca verde di Soldati e a rispolverare dietro mio suggerimento Delfini. Era sempre sull’orlo di scoprire e lanciare il capolavoro. E qualche volta lo scopriva. Lo ricordo ancora entrare in casa di Niccolò Gallo, agitare uno scartafaccio, aumentando il volume della voce per vincere la balbuzie: “Guardate qui, che racconto! Guardate, è tutto in versi, ma nascosti, solo un orecchio finissimo se ne accorge”. Era Casa d’altri di Silvio D’Arzo. Poi fu la volta di Pasolini...». Ricorda Citati: «Aveva un fiuto letterario straordinario nell’intuire la grande poesia e scovare poeti esordienti. Su “Botteghe Oscure” in quasi dieci anni diffuse, insieme con Marguerite Caetani, il meglio della letteratura italiana e straniera. Fece scoprire ai lettori italiani Dylan Thomas, pubblicò René Char, Henri Michaux, Roger Caillois, Maurice Blanchot, Georges Bataille, Antonin Artaud, Auden, Truman Capote, Robert Graves. Tra gli italiani Soldati, Cassola, Calvino, Bertolucci, Caproni, il giovane Pasolini».

Aderisce all’Alleanza della cultura, fondata il 20 febbraio sotto il patrocinio di Emilio Sereni, responsabile della politica culturale del PCI; ne fanno parte, fra gli altri, Aleramo, Alvaro, Bontempelli, Ginzburg e Muscetta.

Muore a sessantatré anni il padre Enrico, per il quale Bassani compone l’epigrafe tombale: «Qui / accanto ai suoi genitori / nel cimitero che gli fu caro / riposa / Angelo Enrico Bassani / medico-chirurgo. / Liberi dalle offese e dai terrori / del mondo eppure ancora viventi / almeno finché duri la vita / di chi ci conobbe e ci amò / rendi degni anche noi / Signore / di tanta pace / 1885-1948 f.»

1949

Il 29 giugno nasce il suo secondogenito, a cui dà il nome del padre, Enrico, che si laureerà in medicina veterinaria all’università di Bologna e sarà impegnato nella difesa dell’ambiente e soprattutto dei parchi naturali.

In autunno Bassani comincia a insegnare lettere all’Istituto Nautico di Napoli.

1950

In febbraio si trasferisce a Montesacro, in via Gran Sasso 16.

1951

Lascia l’Istituto Nautico di Napoli per insegnare alla Scuola d’Arte di Velletri, che raggiunge ogni mattina a bordo del suo Guzzi rosso.

Per aiutare Pasolini in cerca di lavoro, Bassani lo propone come bibliotecario alla principessa Caetani; ma Pasolini è ancora troppo giovane e non viene assunto.

In dicembre pubblica da Mondadori la raccolta di versi Un’altra libertà.

1952

Caretti, trasferitosi all’Università di Pavia – dove insegnerà Letteratura italiana fino al 1964 –, invita più volte Bassani a parlare dei suoi libri.

Scrive con Augusto Frassineti e Vittorio Nino Novarese il soggetto e la sceneggiatura del film di Soldati Le avventure di Mandrin; collabora anche alla sceneggiatura del film di Antonioni I nostri figli, rimaneggiato a causa della censura e conosciuto col titolo I vinti.

Ha una piccola parte (quella del professore, come nella vita) nel film di Luciano Emmer Le ragazze di Piazza di Spagna. Si compra una Lambretta, con la quale d’estate, da Roma, raggiunge la moglie e i figli in vacanza sulle Dolomiti.

1953

Pubblica da Sansoni La passeggiata prima di cena (scritto fra il 1949 e il 1951).

Diviene redattore di «Paragone», la rivista di Anna Banti e Roberto Longhi.

Scrive con Jean Ferry, Sandro De Feo e Mario Soldati la sceneggiatura del film di Soldati La provinciale, tratto dal racconto omonimo di Moravia, che avrà come protagonista Gina Lollobrigida.

Conquista la stima di Calvino, che fa leggere a Vittorini Una lapide in via Mazzini, e che lo presenta (in una lettera indirizzata a Vittorini, datata 5 febbraio 1953) come «un tipo da accaparrarsi». Lo stesso Calvino, in un’intervista a «Il Caffè» di qualche anno dopo, dirà: «Nell’esiguo manipolo di quelli nati attorno al 1915, Cassola e Bassani si sono messi a studiare certi dissidi della coscienza italiana borghese, e i loro racconti sono i più interessanti che si possano leggere oggi; ma a Cassola rimprovero una certa epidermicità di reazioni nei rapporti umani, e a Bassani il fondo di crepuscolarismo prezioso».

Figura tra i collaboratori alla sceneggiatura di Senso di Visconti, ma Guido Fink sostiene che «il ruolo di Bassani sia stato del tutto marginale, magari quello di difensore d’ufficio del racconto di Camillo Boito da cui Visconti stava partendo per poi realizzare tutt’altra cosa».

Benché viva a Roma, il legame con la sua terra rimane sempre solido. Ricorda Pasolini (lettera del 16 aprile a Francesco Leonetti): «Sappi che due volte al mese Bertolucci, Bassani, Frassineti e io ceniamo insieme in un ristorante bolognese, così per sfizio regionalistico». In questo periodo Pasolini e Bassani si frequentano molto. Pasolini darà in lettura all’amico i versi di Francesco Leonetti al quale scriverà il 31 dicembre: «Solo ieri sera, a cena, Bassani alzando le braccia al cielo ha detto: “Ho letto Leonetti! Buonissimo! È il migliore lì a Bologna!” ecc. Quindi per “Botteghe Oscure” ci siamo». In realtà non se ne farà niente perché Marguerite Caetani troverà «sgradevoli» le poesie di Leonetti, come gli scrive Pasolini (lettera del 24 febbraio 1954): «Bassani c’è restato molto male, e così io. Ma Bassani è anche redattore di Paragone, e, domani sera vediamo la Banti...».

1954

Insieme con Flaiano, Pratolini, Age e Scarpelli, e altri, scrive la sceneggiatura di Tempi nostri – Zibaldone n. 2, film di Alessandro Blasetti tratto da racconti di Campanile, Moravia, Pratolini e altri autori italiani. Collabora inoltre alla sceneggiatura del film La romana di Luigi Zampa (tratto dall’omonimo romanzo di Moravia) e scrive quella dell’episodio Il ventaglino (girato da Soldati) del film a più firme Questa è la vita, ispirato alle novelle di Pirandello. Sempre per un film di Soldati (La mano dello straniero) scrive la sceneggiatura, tratta dal racconto di Graham Greene.

Ha diversi contatti coll’ambiente del cinema, ma la stesura di sceneggiature è per lui un «lavoro subalterno», pari a quello dei libretti d’opera: «Scrivendo, non mi impegnavo solitamente a “tirar fuori” tutto quello che avevo dentro, convinto come ero che ciò che avevo, o credevo di avere, dentro, non poteva, e quindi non doveva, essere tirato fuori [...]. Orbene, fu proprio il lavoro cinematografico, e soprattutto la vicinanza e lo sprone di un amico carissimo, che era un regista, sì, ma anche uno scrittore (parlo di Mario Soldati), il quale non soffriva affatto, ovviamente, dei complessi di inferiorità o superiorità che affliggono tanti uomini di cinema nei confronti della letteratura, fu proprio questo incontro e questa collaborazione a indurmi a uscire da me, a esprimermi completamente sulla pagina. Scrivendo per il cinema, facendo cioè un lavoro affatto diverso da quello dello scrittore, mi ero reso conto in sostanza che lo scrittore, per esprimersi, non ha a sua disposizione altri mezzi all’infuori della parola e dei segni di interpunzione. Niente altro».

In marzo comincia la sceneggiatura del film di Soldati La donna del fiume, che segna l’inizio delle collaborazioni cinematografiche di Pasolini; con lui Bassani parte per un sopralluogo nelle valli di Comacchio.

In giugno è ad Amsterdam per una decina di giorni.

In luglio è a San Pellegrino Terme, dove partecipa a un convegno letterario a cui sono presenti, oltre a Emilio Cecchi, Giuseppe Ravegnani, Giuseppe Ungaretti e Maria Bellonci, anche Italo Calvino, Andrea Zanzotto, Goffredo Parise, Lucio Piccolo e suo cugino Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

Il 10 settembre Pasolini scrive a Biagio Marin: «Ho tardato a risponderti perché Bassani mi ha portato con sé, con la sua macchina, a fare un delizioso giro per l’Italia centrale: Firenze, Arezzo, Assisi, Perugia, Todi, Spoleto... sulle orme di Giotto e di Piero».

In autunno muore il nonno materno, sulla cui lapide Bassani fa incidere questi versi: «In questa tomba / accanto a quella del figlio / è sepolto / il Professor Dottor cesare minerbi / […] / Nato nel 1856 / quando ancora a Ferrara governavano / i Cardinali Legati / morì nell’autunno del 1954 / quasi centenario / vivendo fino all’ultimo del proprio lavoro / passando arguto e solitario fra noi / col sorriso del saggio e del filosofo / e lo sguardo distante di chi ha scrutato / il dolore».

1955

Pubblica da Nistri-Lischi Gli ultimi anni di Clelia Trotti, con cui nel maggio ’57 vincerà il premio internazionale Veillon. «Clelia Trotti, la protagonista del racconto, è un personaggio immaginario. Tuttavia assomiglia molto da vicino a una vecchia maestra socialista, perseguitata per le sue idee, da me frequentata molto spesso tra il ’36 e il ’43. Si chiamava Alda Costa. Legato com’ero a lei per ragioni di amicizia e di comune fede politica, ho scritto questo racconto anche per commemorarla. E Bruno Lattes, il deuteragonista della vicenda, è un personaggio che in qualche maniera assomiglia a me, alla solita parte di me.»

Pasolini chiede consiglio a Bassani per il titolo da dare alla rivista che sta preparando, la futura «Officina»: Bassani propone «Il mondo reale». Il titolo «Officina» verrà definitivamente approvato una domenica sera di marzo in una cena con Romanò, Bassani, Bertolucci, Citati, Caproni, Vivaldi, Volponi e Pasolini.

Dall’inizio di luglio è a Ortisei con Pasolini, per lavorare alla sceneggiatura del film di Luis Trenker La prigioniera della montagna. Vi rimangono fino ai primi di agosto «in un incantevole isolamento alpestre con gite e balli in alberghi di lusso ma con un sempre più pressante desiderio di ritornare a Roma» (Naldini). Bassani trascorre il resto del mese di agosto con la famiglia a Vittoria Apuana, e frequenta la casa di Roberto Longhi e Anna Banti ai Ronchi.

Continuano i problemi economici di Bassani: in una lettera del 23 luglio Pasolini accenna a un prestito che avrebbe dovuto fargli.

Bassani condivide con Pasolini anche l’amore per lo sport. Ricorda Cancogni come in quegli anni, nella redazione di «Mondo d’oggi» in via Veneto, nelle pause si organizzassero con una palla da tennis partite di calcio che spesso si prolungavano, dopo il lavoro, nel galoppatoio di Villa Borghese. Qui i collaboratori della rivista (tra gli altri Raimondo Craveri, che in gioventù aveva militato nella Juventus) sfidavano i ragazzi che avevano marinato la scuola, infliggendo loro, a volte, sonore sconfitte proprio grazie a Bassani, punta fissa della squadra e concreto realizzatore.

Insieme con Elena Croce (e poi Pietro Paolo Trompeo, Desideria Pasolini dall’Onda, Luigi Magnani, Hubert Howard, Filippo Caracciolo) fonda l’associazione «Italia Nostra»; tra i fondatori il più importante è un vecchio antifascista, il senatore Umberto Zanotti Bianco. Bassani sostiene con tenacia la difesa delle coste contro la speculazione edilizia e la tutela dei parchi nazionali. La sua azione si lega alla convinzione che «il patrimonio artistico e naturale italiano appartenga a tutto il mondo, e che per ciò sia in qualche modo sacro. È in Italia, infatti, che il mondo, da antico quale era in antico (un mondo di uguali, ma non di liberi), è diventato moderno».

1956

Pubblica da Einaudi le Cinque storie ferraresi, con cui nel luglio si aggiudica il premio Strega. «Sono molto favorevole ai premi letterari. [...] In pochi mesi furono vendute quasi diecimila copie (3 edizioni). Prima di allora, dei miei libri si vendevano cento, duecento copie al massimo... In realtà, un pubblico come il nostro, privo di tradizioni culturali, ha bisogno di orientamento. Cosa di cui non si rendono conto, evidentemente, quelle giurie letterarie disposte a dividere un premio magari fra venti scrittori. Anche le elemosine fanno brodo, certo. Ma i premi che servono veramente a qualcosa sono quelli che non ignorano il pubblico. Premi sì, dunque: ma rigorosamente indivisibili.» Annota Maria Bellonci nel suo diario: «Tema del 1956: Bassani e le Cinque storie ferraresi, vittoria di un giovane, applaudita quasi universalmente per un libro che rimane alla base del suo coerente svolgimento di narratore, libro presentato da Mario Soldati e Attilio Bertolucci. Le Cinque storie immettono un paesaggio fantastico nella nostra letteratura; un luogo del mondo chiamato Ferrara: dove è necessario che accadano storie indimenticabili di gente che Bassani ci mostra nella palpitazione estrema del loro esistere: visioni poetiche fermate un istante prima di scomparire, e raggianti in quel momento nell’energia dei loro segreti».

Con questo libro il controverso rapporto con la sua città sembra arrivare a un punto di svolta: «Ormai, Ferrara c’era. A forza di accarezzarla e indagarla da tutte le parti, mi pareva di essere riuscito a metterla in piedi, a farne a grado a grado qualcosa di concreto, di oggettivamente esistente». «Al punto in cui mi trovavo, Ferrara, il piccolo segregato universo da me inventato, non avrebbe più saputo svelarmi niente di sostanzialmente nuovo. Perché tornasse a dirmi qualcosa, bisognava che mi riuscisse di includervi anche colui che, dopo essersene separato, aveva insistito per molti anni a drizzare là, dentro le rosse mura della sua patria, il teatro della sua letteratura: cioè me stesso.»

Diviene consulente e direttore editoriale della casa editrice di Giangiacomo Feltrinelli: in questa veste ha il merito, fra gli altri, di aver assicurato ad essa «tutta una corrente della narrativa italiana che era riuscita a rimanere indenne dagli influssi più nefasti del neorealismo» (i collaboratori di «Botteghe Oscure» e «Paragone») e che «annoverava scrittori di estrazione e gusti diversi, da Pasolini a Testori, dal primo Cassola fino ad Arbasino, dal Bassani medesimo a Cancogni. Tranne che per Pasolini, entrato fra gli autori della Garzanti, lo scrittore ferrarese riuscì a convogliare questo gruppo verso la Feltrinelli, alla quale assicurò inoltre la pubblicazione di autori stranieri ancora mal noti in Italia ma più che meritevoli di divulgazione: Borges, Forster, Ford Madox Ford, la Blixen» (Ajello). E inoltre Il dottor -ivago di Boris Pasternak.

Sulla sua politica editoriale dirà ad Andrea Barbato: «Non scelgo i manoscritti in base ad una poetica determinata e non mi piacciono le cose che mi somigliano. Cerco libri riusciti, punto più sui testi che sulle persone. Sono favorevole a incoraggiare i promettenti, anche se sono meno favorevole a incoraggiarne la stampa».

Ricorda Enzo Siciliano: «La redazione che Bassani guidava era a Roma, dapprincipio in via Arenula, nella sede feltrinelliana allora diretta da Djemoz. Ludovica Ripa di Meana assisteva Bassani, poi fu sostituita da Roberta Carlotto. Lì, in via Arenula, Bassani, di pomeriggio, accoglieva traduttori e giovani scrittori. Teneva davanti a sé il grosso quaderno di computisteria dove andava scrivendo Il giardino dei Finzi-Contini, e poteva accadere che a qualcuno ne leggesse qualche frase. Esaminava traduzioni, esaminava manoscritti».

1957

Visita la necropoli di Cerveteri con la moglie, i figli e gli amici Gallo, Garboli e Citati. Quella gita e il dialogo con la figlia davanti a una tomba etrusca saranno narrati nel Prologo del Giardino dei Finzi-Contini.

Insegna (fino al novembre del 1967, quando chiederà il pensionamento) Storia del teatro all’Accademia nazionale di Arte drammatica di Roma “Silvio D’Amico”. Conduce due corsi: uno istituzionale per gli allievi attori e uno monografico per gli allievi registi. Molti suoi studenti diventeranno personalità importanti del teatro italiano, come Carmelo Bene, Giancarlo Giannini, Ugo Pagliai e Gabriele Lavia. Tra gli attori seguono le sue lezioni Paola Gassman e Giuliana Lojodice, allora diciassettenne, a cui Bassani, «timido, introverso, schivo», trasmette il grande amore per la lettura, indirizzandola verso il teatro degli elisabettiani e seguendola in uno studio specifico su La tragica storia del Dottor Faust di Christopher Marlowe. Per gli allievi registi i suoi corsi riguardano il Grand Siècle (Racine, Corneille, il primo Molière). Ricordano Giuliana Ruggerini Berlinguer e Adolfo Pitti come si appassionasse a leggere i suoi autori impadronendosi, a mano a mano che parlava, dei loro personaggi come fossero suoi. Le interrogazioni risentono del suo crocianesimo di fondo, sono schematiche e dirette, senza tanti giri di parole; spesso si riducono a un’unica domanda: «la poesia in quali scene è?». Attento alla precisione filologica dei testi e conoscitore di più lingue, Bassani pretende che gli allievi leggano il teatro in originale. Una volta sorprende Pitti con una traduzione della Fedra: «Come si permette? Ma come, uno studioso come lei che non sa le lingue? Studi il francese, lo studi stanotte!».

In agosto è in vacanza ad Antignano, vicino a Livorno, in compagnia di Pasolini e Carlo Emilio Gadda. Rende visita a Natalia Ginzburg e Gabriele Baldini a Castiglioncello.

1958

Pubblica Gli occhiali d’oro su «Paragone»; Moravia lo avrebbe volentieri pubblicato su «Nuovi Argomenti»: «un racconto molto bello, probabilmente il suo migliore, nel quale c’è un confronto molto acuto sulle “diversità” dell’ebreo e dell’omosessuale. Accettammo, ma voleva essere pagato e poiché la rivista non aveva soldi lo diede a “Paragone”». Nello stesso anno il romanzo viene pubblicato da Einaudi.

Scopre e pubblica Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che era già stato rifiutato dal conte Federici, funzionario della Mondadori e poi da Vittorini, che dirigeva per Einaudi la collana «I gettoni». Bassani, come ricorda Bertolucci, ottenne il dattiloscritto da Elena Croce: «Giorgio lo lesse e nonostante mancassero due capitoli fondamentali [...], si accorse immediatamente d’avere tra le mani un capolavoro». Continua Citati: «Insieme con Gallo fece un’edizione accurata: Tomasi di Lampedusa, come Svevo, scriveva male, commettendo delle imperfezioni di italiano che erano in realtà delle piccole grazie. Giorgio ci lavorò molto». In maggio va a Palermo per incontrare la vedova di Tomasi di Lampedusa e recuperare da lei il manoscritto integrale del romanzo. L’11 novembre il libro esce da Feltrinelli con una Prefazione dello stesso Bassani, che racconta del suo primo incontro con Tomasi di Lampedusa: «Era un signore alto, corpulento, taciturno: pallido, in volto, del pallore grigiastro dei meridionali di pelle scura. Dal pastrano accuratamente abbottonato, dalla tesa del cappello calata sugli occhi, dalla mazza nodosa a cui, camminando, si appoggiava pesantemente, uno lo avrebbe preso a prima vista, che so?, per un generale a riposo o qualcosa di simile». Nella stessa Prefazione, Bassani definisce Il Gattopardo un «poema nazionale», perché con la sua opera «Lampedusa ha riportato, rilegato vorrei dire, il separatismo siciliano protestato dai grandi romanzi siciliani al tronco della cultura nazionale».

I primi di luglio Lanfranco Caretti recensisce alla radio Gli occhiali d’oro, ipotizzando che questo volume sia soltanto il primo tempo di un trittico. Il 13 luglio Bassani gli scrive ringraziandolo per la sua attenzione critica e confermando il progetto: «Il secondo racconto del trittico tratterà di me in prigione, nel ’44. [...] Colla terza parte siamo ormai nel dopoguerra. Ho cominciato ad andare su e giù da Roma, faccio il giornalista, poi lo scrittore. Sono l’autore delle Cinque storie ferraresi. Vedo ormai le cose con la pacatezza e la serenità disincantata dei sopravvissuti. [...] Questo lo schema; scrivendo, comunque, c’è caso che tutto mi si cambi nelle mani. E poi, prima debbo finire i Finzi-Contini, che sono maledettamente indietro». In verità, come scrive Caretti, «l’annunciato trittico non è mai andato a termine. Bassani infatti condusse a compimento, come s’era proposto, “i Finzi-Contini” e poi lavorò accanitamente e con animo per niente placato a Dietro la porta, una storia ferrarese del tutto autonoma e assai privata, da retrodatare agli anni 1934-1935, per poi dedicarsi alla stesura dell’Airone».

In una lettera spedita a Calvino da Parigi il 16 luglio, François Wahl elogia l’opera di Bassani e chiede in proposito l’opinione di Calvino, che il 22 luglio risponde: «Sono molto contento che Le piaccia Bassani. È uno dei due o tre scrittori italiani di valore rivelatisi negli ultimi anni. E Gli occhiali d’oro, il sesto racconto che egli ha scritto, è il più denso di significati di tutti. (Ma anche Una lapide in via Mazzini e Gli ultimi giorni di Clelia Trotti, nel volume Cinque storie ferraresi, sono molto belli.) Bassani è letterato molto colto, poeta, traduttore, redattore capo della raffinatissima rivista internazionale “Botteghe Oscure”, membro del comitato della rivista italiana più fedele alla letteratura pura: “Paragone”. Pur muovendosi da questo piano squisitamente letterario, tutta la narrativa di B. ha argomento politico, deriva tutta dal suo trauma fondamentale: la persecuzione antisemita vista nella società borghese di Ferrara. Il rapporto di B. per Ferrara e per la sua borghesia è duplice: da una parte è amore nostalgico per un tempo in cui si sentiva integrato con essa, dall’altra odio mortale per l’offesa. I due sentimenti si confondono e sovrappongono continuamente e fanno la peculiarità dell’accento di Bassani, che sta tra l’amore nostalgico delle vecchie cose (che fu della nostra poesia “crepuscolare” del principio del secolo) e il risentimento engagé. Ma i due poli dello stile narrativo di B. sono Henry James – che però negli Occhiali d’oro abbandona, scrivendo per la prima volta una storia in stile completamente diretto e oggettivo – e Flaubert. C’è oggi si può dire una corrente della letteratura italiana che io definisco (è una definizione ancora privata e inedita) neo-flaubertiana, che trae effetti di argomento metafisico da una fotografia minuziosa della provincia con la malinconia dell’antifascista deluso dal presente. Cassola ne è l’esponente più disperato e nature; Bassani il più cosciente e intellettuale. (Ma il loro neo-flaubertismo, vedi il caso, li porta, non alla perfezione stilistica, ma alla trascuratezza. Entrambi sono indifesi dalla frase di uso comune, dalla banalità linguistica. In Cassola, che non lo fa apposta, questo diventa l’incanto maggiore del suo stile. In Bassani, che forse lo fa apposta, diventa un fondo grigio, su cui spiccano le sue compiacenze di composizione.) Mi pare, insomma, che sia un autore di prim’ordine su cui puntare, visto che avete la fortuna di trovare i suoi diritti ancora liberi in Francia».

D’estate è ai Ronchi, dove incontra spesso Franco Fortini, Enzo Siciliano, Roberto Longhi e Anna Banti, Mario Soldati (che abita a Tellaro). Fa visita ad Attilio Bertolucci a Casarola.

In novembre è a Varsavia per il congresso del Pen Club.

1959

In marzo è a San Martino di Castrozza in compagnia di Niccolò e Dinda Gallo che trascina in lunghissime passeggiate sulla neve. Scopre in una casa del paese due paesaggi di Guglielmo Ciardi, che compra a poco prezzo e mostra di lì a poco a Roberto Longhi il quale, per premiarlo della felice attribuzione, gli regalerà due quadretti di Enrico Reyçand.

Il 24 luglio partecipa a Francoforte al congresso del Pen Club (sono presenti altri scrittori italiani come Moravia, Maria Bellonci e Quarantotti Gambini).

Il 6 novembre fa parte (insieme con Ungaretti, Debenedetti, Moravia e Gadda) della giuria del premio Città di Crotone, assegnato a Pasolini per Una vita violenta. La premiazione avviene al teatro Ariston, dove Pasolini viene duramente contestato.

1960

Pubblica da Einaudi Una notte del ’43 e Le storie ferraresi.

Collabora a vari quotidiani e periodici («Emporium», «Lo Spettatore italiano», «Il Mondo», «La Fiera letteraria», «Letteratura», «Nuovi Argomenti», «L’Europa letteraria», «Corriere della sera», «Il Giornale» ecc.). «Botteghe Oscure» cessa le pubblicazioni; nell’ultimo numero Bassani pubblica un Congedo nel quale rievoca la storia e le particolarità della rivista: «Ciò che risalta […] è, a mio avviso, l’assenza di qualsiasi prodotto sperimentale, il ripudio ben precoce, a tener conto delle date, di ogni indulgenza nei confronti della cosiddetta letteratura d’avanguardia. Si puntava chiaramente sulla efficienza dei testi, insomma, sulla loro maturità e compiutezza espressiva, piuttosto che su personalità più o meno “interessanti” e promettenti. C’era, espresso nei fatti, un indiretto ma evidente fastidio del culto della personalità in letteratura, un bisogno non già di “riedificare” – demiurgo, retorico – ma semplicemente, di esprimere qualcosa di chiaro, di necessario, di vero, e di comunicarlo a qualcuno».

Il regista Florestano Vancini comincia a lavorare alla versione cinematografica di Una notte del ’43. La sceneggiatura viene affidata a Ennio De Concini e a Pasolini, ancora poco noto nell’ambiente. Bassani segue con interesse tutte le fasi della lavorazione ma si rifiuta di prender parte attiva alla sceneggiatura: «Non credo, se mi è lecito, che Dante avrebbe mai accettato di dare una redazione del “suo” incontro con Farinata, differente da quella ne varietur che conosciamo». Vancini, anche lui ferrarese, al tempo dei fatti raccontati aveva diciassette anni: il ricordo lo aiuta a ricostruire la vicenda con una veridicità che Bassani gli riconosce, anche se – rispetto alla versione letteraria – apporta alcune modifiche rilevanti, soprattutto nei personaggi. L’unica variazione che bonariamente Bassani non gli perdonerà mai è il cambiamento del titolo, che nel film diviene La lunga notte del ’43.

Il 27 gennaio, al teatro Gerolamo di Milano, va in scena lo spettacolo di Laura Betti Giro a vuoto. I testi delle canzoni interpretate dalla Betti sono dei maggiori scrittori dell’epoca (Moravia, Soldati, Pasolini, Flaiano). Bassani scrive i versi di Laura Betti, musicati da Gino Negri: «Voi non mi conoscete, ci scommetto, / chissà per chi mi prendete, chissà per chi. / Con queste labbra prive di rossetto, / con questi occhi bruciati... “Quella lì, / chissà quante”, direte, “ne farà!” / E invece no, credetemi, macché. / Mi sono innamorata anch’io. E di chi? / E vorrei tanto portamelo lassù con me / e sposarmelo. Non sarei più / Laura Betti, s’intende, ma quella là / che una volta andò via dalla città, / e poi tornò, sposata, con quel brunetto / che in sé sarà, magari, niente male. / Ma la fa stare, “sorbole!”, a Casalecchio / in due stanze: cucina e matrimoniale!».

1961

Il 15 ottobre è a Venezia per l’inaugurazione della mostra organizzata da «Italia Nostra» in difesa della città.

Il 3 novembre, a Roma (Palazzetto Venezia), partecipa alla Tavola Rotonda organizzata dal Pen Club Internazionale sul tema Problemi della traduzione letteraria e dei traduttori. Sono presenti scrittori e traduttori di ventidue paesi, compresi l’India e il Pakistan. Interviene chiedendo per le traduzioni la vigilanza e il consenso degli autori.

In ottobre lascia via Gran Sasso e si trasferisce in un appartamento di via G.B. De Rossi 33, dove aveva abitato Mario Soldati.

1962

Pubblica da Einaudi Il giardino dei Finzi-Contini, col quale vince il premio Viareggio. Il romanzo, oltre a un grande numero di importanti recensioni, ottiene immediatamente un clamoroso successo di vendite (centomila copie in cinque mesi) che – sommato a quello ottenuto come “scopritore” del Gattopardo – dà a Bassani un’indiscussa notorietà, a cui egli si mostra però indifferente: «allo stesso modo che il silenzio o il disinteresse del pubblico non mi avrebbero mai indotto – come non mi indussero –, nei lontani anni della mia gioventù, a distogliermi dalla contemplazione della mia verità, così ritengo che nessun clamore potrà mai distrarmi, in futuro, dal testimoniare quel che avrò da testimoniare. L’importante è di continuare ad aver da dire qualche cosa. Sono stati sempre loro, i temi dei miei libri, a venirmi incontro, a chiedermi insistentemente di prender forma». Il 22 febbraio il libro viene presentato a Roma, alla libreria Einaudi di via Veneto, da Calvino, Soldati, Muscetta, Goffredo Bellonci e Arbasino. È presente anche Carlo Levi.

Eletto nelle file del Partito socialista, Bassani è consigliere comunale nella sua città, e in questa veste pronuncia il discorso In difesa di Ferrara (pubblicato sull’«Avanti!» il 30 dicembre dello stesso anno). In particolare, replicando all’assessore Loperfido in tema di difesa dell’ambiente, sostiene: «il maggior pericolo che sovrasti una città come Ferrara, in questo momento, è appunto quello di smarrire il rapporto con la propria cultura, di non riuscire più a elaborare i dati della cultura internazionale per farne qualcosa di originale, qualcosa che si sposi armoniosamente col suo passato. E penso che compito precipuo di una Amministrazione comunale progressiva sia quello non già di aprire la città a tutte le cosiddette avanguardie, ma di preservarla, se mai, dall’invasione di quella specie di internazionale del vetro, dell’acciaio e del cemento armato, che sta coprendo di noia e di conformismo tutte le terre, tutti i Paesi. Secondo me, un’Amministrazione comunale veramente sollecita delle sorti cittadine in questo campo, dovrebbe proporsi di difendere il centro storico dalle insidie di chi parla di rinnovamento ma pensa soprattutto ai propri affari». Gli echi di queste polemiche, sostenute con sincero affetto nei confronti di Ferrara, si ritrovano in alcuni versi di La Porta Rosa (in Epitaffio): «Non lasciarmi solo a scavare nella mia città a resuscitare / grado a grado alla luce / ciò che di lei sta sepolto là sotto il duro / spessore di ventimila e più giorni».

1963

In gennaio fa parte della giuria del premio Crotone presieduta da Giacomo Debenedetti: vince, con L’ora di tutti, Maria Corti, che ricorda: «Se fu il mio libro a vincere il premio, credo lo si debba da una parte all’interessamento di Giorgio Bassani, che era in giuria e dirigeva la collana feltrinelliana dove il libro era allora uscito».

Pubblica l’antologia poetica L’alba ai vetri. Poesie 1942-’50.

Per incomprensioni con Giangiacomo Feltrinelli cessa la sua attività di direttore della collana «Biblioteca di letteratura»; contemporaneamente è al centro di una violenta polemica scatenata dal Gruppo ’63 che «gli si scagliò contro accusandolo di essere, insieme con Cassola, la Liala della letteratura italiana» (Citati). I due fatti sono legati tra loro: fin dall’anno precedente Feltrinelli stava maturando un cambio della guardia nella sua casa editrice, attribuendo un peso sempre maggiore a personalità come Valerio Riva ed Enrico Filippini (che aveva collaborato a «Il Verri»), a cui presto si affianca il “novissimo” Nanni Balestrini; cosicché ben presto «neosperimentalismo e Feltrinelli sono la stessa cosa» (Ajello).

Uno dei motivi del dissidio fra Bassani e Feltrinelli è costituito dal libro di Alberto Arbasino Fratelli d’Italia, che Bassani aveva avuto in lettura dallo stesso autore, al quale l’aveva poi restituito per una revisione. Racconta Siciliano: «A Bassani, quello era parso un libro ancora da rifinire, un libro che aveva bisogno di un ulteriore ripensamento. Lo stile da conversazione che aveva fatto la fama di Arbasino, per la soluzione che aveva preso nel nuovo romanzo, sembrava a Bassani avviarsi a una specie di “deregulation” – per troppo voler divorare, quella scrittura mostrava rughe, segni di affanno. Era un giudizio tecnico che venne preso per la demarcazione di un fronte letterario. […] Bassani, col suo storicismo, si preoccupava di porre in relazione necessaria lo scrivere e il comportamento, l’arte e la vita – e alcune affermazioni contenute in Fratelli d’Italia, sul conto di Montale, o sul conto di Moravia e di Elsa Morante, gli sembrava derogassero da quella relazione. Bassani fu accusato di rifiutare il libro poiché conteneva giudizi poco riguardosi verso alcuni suoi amici». All’insaputa di Bassani, Fratelli d’Italia viene pubblicato in un’altra collana di narrativa di Feltrinelli. Questo atto segna la frattura definitiva; segue, contro Bassani, l’accusa di spionaggio editoriale ai danni della Feltrinelli: i suoi cassetti – ricorda Siciliano – «furono forzati alla ricerca di prove: venne accusato di voler traslocare con un corredo di autori e di manoscritti presso un altro editore. Si andò in tribunale e lo scrittore degli Occhiali d’oro vinse la causa. Ma il guasto era compiuto. Talvolta una vittoria in tribunale sancisce una perdita secca sul piano dei fatti. La Feltrinelli editore e il Gruppo ’63 perdevano in tribunale, ma il patrimonio della nuova narrativa italiana andava disperso in modo irrimediabile».

La reazione del Gruppo ’63 non si fa attendere; gli attacchi a Bassani arrivano da più parti: dall’appello generico e a più voci contro Il Bassani Disarcionato ovvero Si Salvi Chi Può ovvero Si Cominci A Pensare Male Dei Valori Costituiti, fino agli articoli di Renato Barilli, in cui si critica «una narrativa troppo esile e vuota per poter valere sul piano della normalità, della tradizione ottocentesca, e d’altra parte troppo timida ed esitante a far valere come pregi, come elementi propri di una visione forte e originale, quel suo stesso senso di grigiore e di pochezza, quel suo “esser fatta di niente”».

Bassani segue con stupore e amarezza tutta la vicenda («se l’era molto presa», ricorda Cancogni) e reagisce con iniziale composto distacco, finché a un certo punto interviene nella polemica: «So benissimo che è difficile, e anche scorretto, se vogliamo, polemizzare senza far nomi. Ciò non rientra nelle mie abitudini, perché se c’è uno che non sopporta i discorsi fumosi, gli articoli chiave nei quali si lanciano accuse contro persone non identificate, quello sono io. Ma questa volta sono costretto a farlo: dietro a ciò di cui stiamo discutendo non c’è una sola figura di scrittore chiara, ben definita, individuabile. Non c’è un’opera, un solo volto d’uomo. Attaccano, criticano, fomentano disordini, giocano alla guerriglia letteraria, ma nessuno può dire chi siano. Quando anche fossi riuscito a imparare qualcuno dei loro nomi, l’avrei subito dimenticato. Come si può ricordare il nulla? Ho tentato di leggere, di tenermi informato, ma mi sono fermato prestissimo. Ho preso in mano l’ultimo numero della rivista “Il Verri”, diretta da un professore universitario ex-ermetico, l’Anceschi, e vi ho trovato delle composizioni in corsivo presentate come liriche. Si tratta in realtà di una serie di idiozie, di frasi prive di senso, di una specie di monumento all’inconsistenza. Gli esponenti della neo-avanguardia italiana sono davvero capaci di tutto. Infinitamente indulgenti verso se stessi e i propri “testi” (così li chiamano), non sanno mai rinunciare a niente. Sono aperti, apertissimi. Possono fare per esempio i professori universitari, giacché la carriera universitaria è pur sempre la carriera universitaria. Ma anche fare nel contempo gli artisti di soffitta, affrontando tranquilli tutte le conseguenze che da ciò sempre deriva, ovviamente, sul “piano esistenziale”, anche questo possono permetterselo. Perché?».

A condividere con lui gli attacchi dell’avanguardia da un lato, e quelli della critica marxista dall’altro (si pensi a Giancarlo Ferretti e alla sua denuncia di «difetto di storicismo»), è l’amico Carlo Cassola, che Bassani stima (sarà anche suo editore) ma che considera distante da sé e dal suo modo di scrivere: «C’è forse solo un fatto che ci accomuna, e che io ammetto volentieri: che tutti e due abbiamo sentito fortemente la Resistenza: la Resistenza entra in qualche modo come motivo centrale della nostra letteratura: e questo significa anche l’esistenza di un chiaro rapporto col pubblico, con l’assemblea degli utenti».

Il 17 luglio annuncia alla figlia, con una cartolina da Castiglioncello, dove è ospite dei D’Amico, di aver finito il romanzo Dietro la porta.

1964

Pubblica da Einaudi Dietro la porta (rievocazione autobiografica, anche se letterariamente trasfigurata, della Ferrara degli anni liceali).

Nell’autunno entra come vicepresidente alla RAI, candidato dei socialisti. Il suo ingresso inaugura il meccanismo per cui i partiti di sinistra ricorreranno spesso all’autorità letteraria, al prestigio culturale, per legittimare la loro partecipazione al potere.

L’azione di Bassani alla RAI si rivolge principalmente ai programmi culturali, che vorrebbe potenziati e di grande qualità. Affida la trasmissione «L’Approdo» a Bertolucci, che realizza due importanti monografie su Longhi e Proust. La trasmissione si articola in due sezioni, una dedicata alla storia dell’arte curata da Bertolucci e una letteraria, a cui collabora anche Giulio Cattaneo.

Gallimard pubblica a Parigi la traduzione degli Occhiali d’oro: Les lunettes d’or et autres histoires de Ferrare. Inizia così la diffusione internazionale dell’opera di Bassani, i cui testi verranno tradotti in inglese, in spagnolo, in tedesco, in catalano, in ceco, in danese, in finlandese, in polacco, in olandese, in ebraico e in serbo-croato.

1965

Diviene Presidente di «Italia Nostra» e pubblica sul bollettino dell’associazione un testo in ricordo di Umberto Zanotti Bianco e di Filippo Caracciolo, primi due presidenti di «Italia Nostra».

1966

In febbraio, con la figlia Paola, è in Israele su invito dell’Istituto italiano di Cultura e tiene conferenze a Tel Aviv e a Gerusalemme; incontra lo scrittore Samuel Joseph Agnon.

I dirigenti della RAI, che dovrebbero aspettare il suo rientro per approvare le nuove nomine, lo mettono di fronte al fatto compiuto: Bassani rassegna le dimissioni. I socialisti lo sostituiscono con Luciano Paolicchi, fidato uomo di partito. La delusione porta Bassani ad allontanarsi dal Partito socialista e ad avvicinarsi progressivamente ai repubblicani, anche in virtù dell’antica amicizia con Ugo La Malfa.

Pubblica da Einaudi Le parole preparate, in cui raccoglie i suoi interventi saggistici, che tuttavia non considera produzione a parte rispetto agli altri scritti: «personalmente non posso soffrire le distinzioni tecnicistiche, starei per dire sindacali, fra poeti, narratori, saggisti: l’attività creativa mal sopporta questo tipo di etichette, di distinzioni, che riflettono concezioni critiche accademiche invecchiate».

Si iscrive al Tennis Parioli.

1967

Fa un viaggio in Danimarca, Svezia e Norvegia con la figlia.

Presenta a Venezia, per «Italia Nostra», la mostra itinerante Italia da salvare.

Frequenta assiduamente Giulio Cattaneo, che gli affida una copia del manoscritto L’uomo delle novità. Bassani lo fa pubblicare su «Paragone»; il libro sarà poi candidato al premio Strega.

In ottobre acquista una casa a Maratea, che frequenta fino al 1980. Ricorda Mimma Mondadori: «Abbiamo passato tante estati insieme, a Maratea, nella mitica Maratea di cui Bassani raccontava le meraviglie e rivelava i segreti. [...] È stato il luogo di un suo grande, lungo, difficile amore, con una donna bella e tirannica. Per lei aveva messo su quella casa e costruito la sua immagine di Maratea. Poi qualcosa è cambiato, la storia si è diradata, forse è finita, non so. Lui era solo a Maratea, lei non ci veniva più. Ne ha sofferto molto. Poi, come succede, la vita continua, lo si è visto a Roma con una giovane signora emiliana di una simpatia irresistibile; poi è arrivata una studiosa straniera dottissima».

Il 10 dicembre interviene a Matera al convegno di studi sul risanamento dei Sassi. È presente anche Carlo Levi.

1968

Pubblica da Mondadori L’airone, che risulta essere il suo ultimo romanzo; Cattaneo ricorda un progetto di questi anni, la storia di un uomo fucilato dai fascisti, che però non è stata mai scritta. Un altro progetto di questi anni (è la figlia a ricordarlo) è un romanzo dal titolo I due fiumi, che avrebbe raccontato la storia della sua prima balia, una ragazza nata in terra d’Adige (e dunque veneta), che, giunta a Ferrara, rimane incinta e si uccide nel Po.

È presente al convegno di studi tenutosi a Comacchio sulla difesa del patrimonio vallivo della zona.

1969

Con L’airone vince il premio Campiello. Messo in palio dagli industriali veneti, il premio è per Bassani piuttosto imbarazzante, perché lo scrittore – noto ambientalista – ravvisa nell’accettarlo una certa contraddizione. Decide allora di ritirare il premio Selezione Campiello, e di donare il Super Campiello a «Italia Nostra».

Il 7 dicembre è a Dortmund dove si aggiudica per la sua opera complessiva il premio internazionale Nelly Sachs, poi a Copenhagen.

1970

La Documento film si rivolge a Vittorio De Sica per girare Il giardino dei Finzi-Contini. La vicenda relativa a questo film aveva avuto inizio nel 1963, quando la Documento si era assicurata i diritti cinematografici del libro, su sollecitazione di Valerio Zurlini. A lui, in un primo momento, era stata affidata la regia: Zurlini sceglie come sceneggiatore Salvatore Laurani, che aggiunge alla vicenda del romanzo inserti da altre opere di Bassani, che non è soddisfatto del suo lavoro. Comincia così una lunga staffetta di sceneggiatori che si alternano nella scrittura (Pinelli, Brusati), finché nel 1966 Zurlini abbandona il progetto, che arriverà, quattro anni dopo, nelle mani di De Sica. Sceneggiatore prescelto è questa volta Vittorio Bonicelli, che coinvolge Bassani nella revisione dei dialoghi e poi – quando non lo trova concorde in certe scelte – nella scrittura di una nuova versione, la definitiva, alla quale metterà mano per ultimo Ugo Pirro, preparando il testo per le riprese. Bassani scoprirà soltanto dopo la visione – in presenza del suo avvocato Franco Reggiani – le modifiche apportate da Pirro, e richiederà di eliminare la propria firma tra quella degli sceneggiatori, vincendo la causa. Il suo giudizio sull’opera di De Sica è netto: «Che essa sia ricavata in qualche modo dal mio romanzo non è contestabile, né io mi ero mai sognato di contestarlo. Ma che però lo tradisca, il mio romanzo, nella sostanza e soprattutto nello spirito, nessuno, credo, potrà negarlo».

È a Monaco e a Zurigo per una serie di conferenze.

In febbraio è a Parigi per il matrimonio della figlia Paola con l’economista Lucien Pacht.

Durante l’estate visita il parco dello Stelvio in compagnia del figlio Enrico e di Susanna Agnelli.

A partire da quest’anno e per vent’anni consecutivi è sostenuto in tutte le sue attività dalla fedele e preziosa collaborazione di Bruna Lanaro, segretaria della sede nazionale di «Italia Nostra».

1971

Chiude bruscamente il rapporto con «Paragone» perché non perdona ad Anna Banti di non avergli fatto presentare un servizio televisivo in ricordo di Roberto Longhi. La Banti si preoccupava che durante le riprese la personalità di Bassani prendesse il sopravvento, mettendo in secondo piano, nel ricordo, la figura del marito.

In maggio è in Svezia.

1972

Pubblica da Mondadori L’odore del fieno.

In febbraio fa un viaggio nel Massachusetts, a Northampton, vicino a Boston, ospite di Cancogni che lo invita allo Smith College per alcune lectures. Scoprono lì, in un volume trovato per caso in libreria, il teatro di Campanile: passano diversi pomeriggi a leggerlo e farsi grandi risate insieme. Fanno poi un “pellegrinaggio” nella casa di Emily Dickinson, arrivando però fuori orario d’apertura.

Il 31 dicembre viene insignito della Legion d’onore; la cerimonia si svolge presso la sede dell’Ambasciata di Francia a Roma.

1973

Col titolo Dentro le mura ripubblica da Mondadori, completamente rielaborate, le storie ferraresi.

Partecipa a una trasmissione televisiva con Garboli, Pasolini, Asor Rosa, Paolo Ravenna e alcuni studenti romani; l’episodio è raccontato con sarcasmo da Fortini: «Bassani aveva perduto, per fortuna, una piccola quota della sua supponenza. Una incertezza come di vecchiaia era negli occhi che si dilatavano, nella gola dove voleva deglutire il nervosismo che lo spregio della piccola bocca torta si ostinava a negare, sostenendo tutta l’albagia della fronte. [...] Gli intervistanti studenti romani, davvero poco brillanti, avevano una sola parola e una sola preoccupazione, la “denuncia sociale”. Il mondo dello scrittore ferrarese diventava per costoro (e quanta colpa ne abbiamo!) un problema di ragazze madri, di contestazioni familiari e simili. Si lamentavano che non ci fosse abbastanza “problematica” antifascista e “denuncia” delle persecuzioni razziali, figurarsi, in Bassani». Non solo: Asor Rosa dedica ampio spazio al Bassani «mortuario e iperdecadente», censurando «quello più recente, più “costruttivo”. D’accordo. Naturalmente, replicando, Bassani ne ha ignorato l’intervento; segno che l’età non gli ha del tutto tolta la memoria di un’età in cui la letteratura si arrogava il diritto all’insolenza» (Fortini).

1974

Pubblica da Mondadori le poesie di Epitaffio e raccoglie in un unico volume, Il romanzo di Ferrara, i suoi racconti e romanzi di argomento ferrarese.

In febbraio è nominato membro onorario dell’American Academy of Arts and Letters di New York.

In novembre fa un viaggio in Turchia.

1975

Vince il premio letterario dell’Associazione Stampa di Ferrara.

In autunno è invitato per una serie di conferenze a Evansten (Chicago), Northwestern University of Illinois. Va anche a New York in occasione dell’uscita della traduzione inglese dell’Odore del fieno.

1976

Membro indipendente del Partito repubblicano, partecipa attivamente alla campagna elettorale che si svolge agli inizi di quest’anno e tiene comizi a Sapri, Salerno, Cava dei Tirreni.

Da marzo ad aprile insegna all’Indiana University a Bloomington. In luglio è a Vienna su invito dell’Istituto italiano di Cultura.

In ottobre si sposta in California dove fino a novembre insegna a Berkeley. A dicembre è a Toronto.

Con Muzio Mazzocchi Alemanni e Luisa Collodi pubblica presso La Nuova Italia un’innovativa antologia scolastica, Lessico, in cui ai vari lemmi corrispondono brani di opere di diverse discipline, a seconda dell’ambito d’uso dei termini selezionati.

1977

In maggio è ad Atene su invito dell’Istituto italiano di Cultura.

Il 29 ottobre a Pisa gli è conferita la medaglia d’oro del Presidente della Repubblica per la sua opera di scrittore.

Il 31 ottobre legge Le parole preparate all’Istituto italiano di Cultura di Stoccolma.

1978

Pubblica da Mondadori la raccolta poetica In gran segreto.

Il 7 marzo interviene a Ferrara all’incontro promosso dalla sezione locale di «Italia Nostra» sulla salvaguardia delle mura estensi.

Vince il premio Todi per il suo impegno ambientalistico.

È nominato consigliere emerito della società Dante Alighieri.

1979

Da settembre a ottobre insegna in Canada alla University of Toronto, Ontario.

1980

Pubblica da Mondadori la versione definitiva del Romanzo di Ferrara.

Diviene Presidente onorario di «Italia Nostra».

L’8 marzo il Saint Mary’s College di Notre Dame (Indiana, USA) gli conferisce la laurea honoris causa in lettere. Nella stessa cerimonia riceve la laurea anche Rita Levi Montalcini.

Insieme con Raffaele La Capria, candida al premio Strega Il tempo fra cane e lupo di Vittorio Sermonti.

Da novembre a dicembre insegna in Canada alla Queen’s Univers-
ity, a Kingston, Ontario.

1981

In un’intervista concessa all’italoamericano «Giornale nuovo», Bassani analizza la realtà degli immigrati italiani in America.

Tiene conferenze alle università di Parigi, Poitiers e Bordeaux.

1982

In novembre si aggiudica il premio Bagutta con In rima e senza, raccolta completa della sua poesia pubblicata da Mondadori.

Vince il premio Penna d’Oro della Presidenza del Consiglio dei Ministri per la sua opera complessiva di scrittore.

È a Bruxelles su invito dell’Istituto italiano di Cultura, poi a Parigi.

1983

Il 3 marzo al Covent Garden di Londra viene rappresentato il balletto Valley of shadows, tratto dal Giardino dei Finzi-Contini e interpretato dal Royal Ballet.

Tra il 19 e il 21 marzo è in Belgio per partecipare al convegno sulla sua opera organizzato da André Sempoux all’Università Cattolica di Louvain-la Neuve.

A ottobre si aggiudica, a Palermo, il premio internazionale Mediterraneo per la narrativa.

1984

È candidato alle elezioni europee per la lista PRI-PLI.

Il 4-5 aprile partecipa all’incontro degli Scrittori del Mediterraneo a Valenza.

Dal 21 al 29 ottobre è a San Francisco dove presenta la mostra Italia da salvare.

Insieme con Moravia candida allo Strega il libro di Aldo Rosselli La famiglia Rosselli, che arriva nella finale vinta da Citati con Tolstoj. Il suo rapporto con Moravia è controverso. Nel 1990, quando scrive con Elkann la propria biografia, Moravia lo ricorda così: «Provavo sentimenti di amicizia per lui, lui non sempre. Mi fece anche degli attacchi imprevisti e imprevedibili. Una volta venne a Roma una troupe televisiva belga e gli chiesero: “Moravia ha avuto influenze su di lei?” Lui rispose con tono quasi offeso».

Pubblica da Mondadori Di là dal cuore, in cui raccoglie l’intera produzione saggistica, integrando le prose già apparse in Le parole preparate; considera questo libro «una sorta di diario intellettuale che spiega sia il Romanzo di Ferrara sia In rima e senza; in qualche modo la storia della mia vicenda di uomo e di artista». Con questa raccolta in settembre vince il premio Fregene per la saggistica.

Alla fine dell’anno è colpito da un infarto.

Compone la sua ultima e tuttora inedita poesia, Il canto del vecchio, di cui regala il manoscritto a Bruna Lanaro.

1985

In febbraio viene pubblicato il suo ultimo testo, l’introduzione al catalogo della mostra del pittore italo-americano Richard Piccolo.

Presenta con Leone Piccioni L’armata dei fiumi perduti di Carlo Sgorlon, che vince il premio Strega.

1986

Vince il premio Pianella con Cesare Musatti. In questa occasione Walter Maestosi, che era stato suo allievo all’Accademia d’arte drammatica, legge alcune pagine del Romanzo di Ferrara.

1987

L’11 maggio muore all’età di novantaquattro anni, in una casa di riposo a Firenze, la madre, che quattro anni prima era stata costretta a lasciare la casa di Ferrara. Esce il film di Giuliano Montaldo Gli occhiali d’oro, tratto dal romanzo omonimo di Bassani: «Io trovo il film, dal punto di vista formale, molto limpido, molto bello. Ma è la sostanza, del libro, che nel film è stata fondamentalmente evitata. Nel libro i protagonisti sono due: vi è il dott. Fadigati, che è un omosessuale, e quindi un morto, cioè lontano dalla vita. L’altro è un giovane letterato, il futuro scrittore degli Occhiali d’oro. I due si trovano insieme e si capiscono perché sono diversi, eppure simili. Nel film non c’è niente di tutto questo. Dell’unione di questi due emarginati, che proprio dall’emarginazione traggono la forza di stare insieme, e che anzi sentono di essere uguali proprio perché diversamente perseguitati, nel film è stato evitato con ogni cura di dirne».

Il 10 dicembre Bassani vince il premio Pirandello.

1988

Con l’edizione tascabile degli Occhiali d’oro si aggiudica il premio del tascabile Riviera delle Palme.

In un’intervista rilasciata a Nello Ajello dichiara che sta lavorando al romanzo I due fiumi.

1991

Va a vivere in Lungotevere a Ripa, presso Portia Prebys.

Il 4 maggio partecipa, alla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento, a un incontro organizzato da Anna Dolfi.

1992

Vince il premio Antonio Feltrinelli per la narrativa attribuitogli dall’Accademia Nazionale dei Lincei.

L’Università di Ferrara conferisce a Bassani la laurea honoris causa in scienze naturali per il suo impegno in difesa dell’ambiente.

1993

A cinquantacinque anni di distanza dall’allontanamento dalla Biblioteca Ariostea di Ferrara, imposto al giovane Bassani, la biblioteca ferrarese organizza una cerimonia di ideale risarcimento morale nei suoi confronti, riunendo gli amici di un tempo, «nell’intento di testimoniare la stima affettuosa e l’apprezzamento per il suo lavoro intellettuale e letterario, nonché per quanto nei suoi scritti egli narra di Ferrara» (Chiappini).

1998

A partire da questo anno trascorre molti periodi dell’anno e gran parte dell’estate in famiglia, con la moglie, i figli e i nipoti.

2000

Il 4 marzo festeggia il suo ultimo compleanno in famiglia; sono presenti alcuni amici, tra cui Desideria Pasolini e Bruna Lanaro.

Il 31 marzo è ricoverato all’Ospedale San Camillo di Roma.

Il 13 aprile si spegne dolcemente, nel sonno, circondato da Valeria, Paola ed Enrico.

Il 17 aprile è seppellito nel cimitero ebraico di Ferrara, con grande partecipazione popolare. Alle orazioni funebri intervengono anche Cesare Garboli, Ferdinando Camon e Roberto Pazzi.

Il 9 giugno a Roma si tiene una cerimonia in memoria di Giorgio Bassani organizzata da «Italia Nostra» a Palazzo San Macuto, sede della Biblioteca della Camera dei Deputati.


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Le dichiarazioni di Giorgio Bassani riguardo a eventi della propria vita sono tratte dagli scritti autobiografici raccolti in Di là dal cuore, e in alcuni casi dall’intervista rilasciata a Ferdinando Camon e poi raccolta in Il mestiere di scrittore. Conversazioni critiche, Garzanti, Milano 1973, pp. 54-71.

Le date presenti nella Cronologia sono state verificate da Paola Bassani che si è avvalsa, oltre che dei ricordi di Giuseppe Zavarini, dell’insostituibile aiuto di Bruna Lanaro, Dinda Gallo e, naturalmente, di sua madre Valeria Bassani.

Alcuni fatti trovano riscontro anche nel libro di Jenny Bassani Liscia, L’Anzulòn, Masso delle Fate, Signa 1997.

Sempre a Paola Bassani si devono alcune testimonianze sull’attività di Bassani in seno a «Italia Nostra» (si veda, in proposito, il suo scritto Giorgio Bassani e Italia Nostra: un’appassionata lotta nel mondo, in Giorgio Bassani. L’homme, l’artiste, l’intellectuel engagé, Actes des Journées d’études Bassani de Rennes, des 10 et 11 février 1999, publiées sous la direction de Maria-Pia Granisso et Giuseppe Maschio, Département d’Italien, Université Haute Bretagne-Rennes 2, 2000, pp. 23-9), nonché i ricordi di Bassani “padre e maestro” (per i quali si veda l’intervista rilasciata ad Antonio Debenedetti, Mio padre maestro allegro tormentato dalle virgole, «Corriere della sera», 26 agosto 2000).

Le citazioni di Lanfranco Caretti sono tratte da Memorie ferraresi, in Montale e Altri, Morano, Napoli 1987.

Di Pietro Citati si sono tenute presenti le numerose recensioni alle opere di Bassani.

A Gaetano e Roseda Tumiati si deve la poesia inedita a Caterina. A Gaetano, in particolare, si devono i ricordi di Giorgio, a Ferrara, sui campi della Marfisa.

Testimonianze di Paolo Ravenna quale allievo di Bassani sono raccolte sia negli Atti del convegno tenuto a Ferrara il 20 novembre 1988 Le leggi razziali del 1938 (Spazio Libri, Ferrara 1989) sia in Bassani e Ferrara. Le intermittenze del cuore (a cura di Alessandra Chiappini e Gianni Venturi, Corbo, Ferrara 1995).

Le testimonianze di Manlio Cancogni provengono sia da I rimorsi di Bassani, «L’Espresso», 2 settembre 1962, sia, soprattutto (per quanto riguarda il periodo fiorentino), da lunghe e piacevoli chiacchierate con lui, grazie al contatto procurato da Simone Caltabellota, suo attuale editore.

Le lettere di Calvino sono tratte dal volume I libri degli altri, Einaudi, Torino 1991; l’intervista a cui si accenna fu pubblicata su «Il Caffè», IV, 1 gennaio 1956.

I riferimenti a Maria Bellonci e al premio Strega sono tratti da Come un racconto gli anni del Premio Strega, Mondadori, Milano 1971 e da Pubblici segreti, Mondadori, Milano 1965.

Le citazioni di Pasolini provengono dai due volumi delle Lettere, a cura di Nico Naldini, Einaudi, Torino 1986 e 1988.

Il testo di Guido Fink, intitolato Una lastra invisibile: Bassani e il cinema, è pubblicato in A. Gagliardi (a cura di), Giorgio Bassani. Lo scrittore e i suoi testi, Nuova Italia Scientifica, Roma 1988.

I ricordi di Maratea sono tratti dal volume di Mimma Mondadori, Una tipografia in paradiso, Mondadori, Milano 1985.

Le citazioni di Maria Corti sono attinte dal libro-intervista Dialogo in pubblico, Rizzoli, Milano 1995.

Il ricordo della trasmissione televisiva di Fortini è contenuto nel volume Attraverso Pasolini, Einaudi, Torino 1993.

Le informazioni relative alle polemiche col Gruppo ’63 e all’allontanamento da Feltrinelli sono ricavate da Enzo Siciliano, Romanzo e dintorni, Theoria, Roma-Napoli 1992 e da Nello Ajello, Lo scrittore e il potere, Laterza, Bari 1974.

Le dichiarazioni di Barilli sono attinte da La barriera del naturalismo, Mursia, Milano 1970 e da La neoavanguardia italiana, Il Mulino, Bologna 1995.

I riferimenti alle sceneggiature dei film di Soldati sono tratti dal catalogo M. Soldati, La scrittura e lo sguardo, Museo Nazionale del Cinema, Lindau 1993.

Di Ennio De Concini e in particolare di Florestano Vancini (cui si deve anche il ritrovamento del documento relativo all’arresto del 1943) sono i ricordi relativi al film dello stesso Vancini, La lunga notte del ’43.

Grazie alle indicazioni di Marcantonio Lucidi è stato possibile contattare diversi allievi dell’Accademia d’arte drammatica “Silvio D’Amico”, a cui si devono tutti i riferimenti al periodo. In particolare a Giuliana Lojodice, Giuliana Ruggerini Berlinguer, Adolfo Pitti e Walter Maestosi.

A Giulio Cattaneo si devono i ricordi e i riferimenti relativi agli anni della RAI, che sono poi quelli dell’approfondimento della sua amicizia con Bassani.

L’intervista rilasciata ad Andrea Barbato è stata pubblicata con il titolo I libri che non gli somigliano, «L’Espresso», 26 maggio 1963.